lunedì 10 ottobre 2011

La sconfitta.

Ero indeciso se scrivere un post su Amanda o uno sulla morte di Steve Jobs. Lo so, avrei potuto evitare al mondo questa cosa e il mondo probabilmente me ne sarebbe stato grato, ma mi avanzano giusto due minuti per una considerazione che mi è venuta in mente.

Scriverò della morte di Steve Jobs. Anche perchè su Amanda ho una mia idea, ma la giustizia ha detto che Amanda è innocente e le mie idee, in questo caso, contano come il due di coppe quando briscola è bastoni.

Ordunque: Steve Jobs è morto. Viva Steve jobs, verrebbe da dire, parafrasando l'araldo della vecchia monarchia francese.

In realtà non sono mai stato un fans di Steve Jobs. Gli ho dato giusto un migliaio di euro quattro anni fa, quando mi sono comprato il Mac dal quale scrivo e due fogli da cento per un anziano portatile che tengo perennemente spento. Non ho mai avuto ipod, ipad, iphone e nel mio computer ho sempre Tiger, il sistema operativo di quattro anni fa, che mai mi sono sognato di aggiornare, in quanto fa ancora egregiamente quello che gli chiedo.

Tuttavia Steve Jobs, forse più di Bill Gates, mi ha sempre incuriosito molto. Col suo look da finto-povero, i jeans scoloriti, le scarpe da ginnastica sformate e il dolcevita nero, perennemente con le maniche tirate su. La barba incolta e l'incipiente calvizie che mai si preoccupava di mascherare.

Girellando in internet, mi sono imbattuto nel discorso che tenne agli studenti di una famosa università americana. Un discorso molto americano, devo dire, anche un po' retorico volendo, ma quello che mi ha colpito è stata questa frase che copio-incollo:

“Ricordarmi che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della vita.

Perché quasi tutte le cose - tutte le aspettative di eternità, tutto l'orgoglio, tutti i timori di essere imbarazzati o di fallire - semplicemente svaniscono di fronte all'idea della morte, lasciando solo quello che c'è di realmente importante.

Ricordarsi che dobbiamo morire, è il modo migliore che io conosca per evitare di cadere nella trappola di chi pensa che avete qualcosa da perdere.

Siete già nudi.

Non c'è ragione per non seguire il vostro cuore.”

Leggendo queste parole mi sono chiesto quanto lui ci credesse veramente e se queste riflessioni le avesse sempre fatte o sono uscite fuori soltanto quando ha saputo di aver perso.

Io credo che sia questa consapevolezza che ti fa dire certe cose e credo anche che chi le ascolta, annuisce, forse si commuove, ma poi torna a combattere tutti i giorni, travolto dalla vita che non si ferma e queste parole restano lì, sospese in aria, dimenticate.

Poi ogni tanto qualcuno le ricorderà, magari senza ricordarsi chi le ha pronunciate. E forse è giusto così.

Buon riposo, mister Jobs.

3 commenti:

  1. Anche io non sono stata una appleiana, ma ho ritagliato l'immagine con le date di nascita e morte, ci ho appiccicato il discorso e l'ho appeso in ufficio.
    Perchè può non interessarmi il prodotto, ma apprezzo l'uomo, un uomo che ha saputo creare, che ha realizzato un impero, che ha avuto una genialità che non è da tutti.
    Che ci credesse o no, le sue parole ora sono in mezzo a noi, molto più di quando le ha pronunciate.

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  2. Non son mai stata una sua estimatrice, o dei suoi prodotti. Ma, per carità, un Signor Capace, in mezzo a tanti che non lo sono. Il discorso, bello sì, commovente nel post mortem, ma, come hai notato pure tu, troppo molto americano. (io, nel mio piccolo, ho appena comprato un altro giapponese).

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  3. @Amore immaginato: direi di si. Anche se, come detto, probabilmente verranno dimenticate e magari ritirate fuori nel momento del bisogno. Che si spera non arrivi mai.

    @CharlieB.: io l'ho avuto, un giapponese. Poi venni folgorato dalla mela morsicata. Niente di che. Ma io lo stimavo molto per aver inventato un computer che non si impalla mai. In quattro anni, non ci sono ancora riuscito a farlo impallare. :-)

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