venerdì 17 febbraio 2012

Giochi d'altri tempi.

Quando ero bambino-ragazzino, dalle mie parti c'era un gioco che si faceva all'aperto e che ha rischiato di rendere perennemente invalidi migliaia di ragazzini. Il gioco si chiamava "mamma troia". Ok, non era un gran nome, lo riconosco, diciamo che non brillava per finezza, ecco e sinceramente tuttora non capisco cosa c'entri questo nome col gioco in se.

In pratica si trattava di questo: si formavano due squadre (più si era meglio era) e si iniziava.

Spiegarlo non è facile, senza immagini, ma ci provo.

Dunque: c'era un tale, non facente parte di nessuna delle due squadre che si poggiava con le spalle ad un muro e metteva le mani come quando si fa la "scaletta" per far salire qualcuno in alto. Hai presente? Bene.

Dopodichè i componenti di una delle due squadre, assumevano questa posizione: il primo poggiava la fronte fra le mani del tipo al muro e si metteva a novanta gradi (lo so, non è fine questa espressione, ma è per far capire), il secondo gli si piazzava dietro, con la testa fra le chiappe del primo, pure lui a novanta gradi e via così fino a che tutti i componenti della squadra non formavano una specie di serpentone di persone a novanta gradi, ognuno con la testa fra le chiappe del compagno di squadra precedente.

Ti sta appassionando sto gioco, eh? Aspetta, ora ti spiego il resto.

A questo punto entrava in gioco l'altra squadra. E funzionava così: il primo giocatore prendeva una rincorsa bella lunga e quando arrivava al serpentone a novanta gradi, poggiava le mani sulla schiena dell'ultimo e, cercando di arrivare più lontano possibile, andava a finire a cavalcioni sulla schiena di qualcuno che era "sotto". Sta cosa poi la facevano tutti gli altri della squadra e dunque ad un certo punto, ci si trovava in questa condizione: la decina di persone a novanta gradi, si ritrovavano con sulla schiena, l'altra decina di persone. A questo punto iniziava il vero scopo del gioco: far crollare quelli sotto a terra, nel minor tempo possibile. E come fare a far ciò? Semplice: iniziando a saltargli sulla schiena.

Che detto così pare niente, ma ti assicuro che avere sulla schiena un maledetto ragazzino che ti zompa, non è tutta sta goduria. Poi sai, i bambini c'erano più magri e più grassocci e se ti capitava quello grassoccio, erano guai.

Insomma, quelli sopra cominciavano a saltare per far crollare quelli sotto, in un tripudio di urla da parte delle due squadre:

-saltate, saltate. Stanno crollando.

-Salta, porca puttana, sennò non li buttiamo giù!

-Sto saltando, sto saltando! Bastardi, non cedono!

-Non cedono perchè hai meno forza delle femmine! Salta salta!

E quelli sotto:

-porca zozza, sto cedendo!

-No no! Non cedere, che se cedi tu, si cede tutti!

-Non ce la faccio, questo pesa due tonnellate!

-Aaaahh, mi fa male la schiena!

-Ma quale male, resisti!

-Non ce la faccio! Non ce la faccio!

-Porca puttana! Tieniti forte a quello davanti!

-Mi sto tenendo, ma non ce la faccio!

Fino a che, immancabilmente, la squadra sotto cedeva. E si invertivano i ruoli: quelli che erano stati sotto andavano a saltare e quelli che avevano saltato, andavano sotto.

Io ancora, sinceramente, devo capire lo scopo del gioco. A parte quello di frantumarsi le ossa, le vertebre e qualche altra cosa, però ti giuro, che come mi divertivo a "mamma troia", poche altre volte nella vita.

Ah, per inciso, tutti i partecipanti al gioco, sono tuttora in ottima salute e senza nessuna menomazione fisica. Io compreso.

Qualcuno una volta ha detto che un eroe è solo uno stupido che ha avuto fortuna.

Che sia vero?

15 commenti:

  1. Me lo ricordo questo gioco, lo facevo anch'io che mi sono sempre piaciuti i giochi dei maschi più di quelli delle femmine.
    Però mi piaceva anche il gioco dell'elastico, o giocare a campana (da noi si chiama così, ma c'è chi lo chiamava settimana) quello col sasso e lo schema con i numeri per strada con i gessetti.
    O anche giocare alle 5 pietre.
    Minchia, li ero braverrima!

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    1. Anche qua si chiamava "campana". Io ci giocavo di nascosto, che se venivo beccato era la fine. E per convincere le femmine a non raccontarlo le promettevo che non le avrei prese a sassate. Dovevo pur scendere a compromessi.

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    1. Sempre. A "mamma troia", dico. Un gioco meraviglioso. Oggi i bambini non sudano più. E' triste.

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  3. Questo gioco era terrrribile, meno della battaglia dei sassi però... ^____^ no.snob

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    1. La battaglia dei sassi era formidabile. Anche lì è andata bene che siamo ancora tutti vivi. :-)

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  4. Per mia fortuna, mai sentito e mai assistito. Sarà per quello che ho tutti gli acciacchi che ho? E, comunque riflettendo, è una buona lezione di vita per il futuro. Un giorno si è carogne a saltar sopra gli altri, il giorno dopo si è a mangiar polvere calpestati da qualche carogna.

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    1. Esatto. La strada maestra di vita, come si suol dire.

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  5. La faccenda dell'eroe è chiara e ci sta tutta :-) Rimangono due misteri in attesa di essere svelati: l'etimologia del nome del gioco e come caspita abbiate fatto tutti quanti a evitare l'ernia.

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    1. Mi correggo: solo un mistero, ché l'altro lo spiega il sillogismo dell'eroe :-D

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    2. L'ernia non lo so se è stata evitata da tutti. Da me si, al momento. :-)

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    3. semplicemente se cedevi avevi la mamma troia un boia chi molla fatto in casa

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  6. Come è strana la vita. Anche io giocavo a questo gioco, ma dalle mie parti si chiamava "Madonnina". Nomi agli antipodi, non c'è che dire.

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